TOUR - PRIMAVERA 2003
Bologna, 4 marzo 2003 (foto di Luigi Latini)
LE DATE DEL TOUR PRIMAVERILE 2003
marzo
01
- VARESE -
Teatro di Varese
03 - FABRIANO (AN)
- Teatro Gentile
04 - BOLOGNA
- Teatro Medica Palace
05 - REGGIO EMILIA
- Teatro Romolo Valli
10 - PIACENZA
- Teatro Municipale
11 - VERCELLI
- Teatro Civico
12 - BERGAMO
- Teatro Donizetti
14 - ROMA
- Parco della Musica –
Sala Santa Cecilia
15 - PESCARA
- Teatro Circus
17 - VERONA
- Teatro Filarmonico
18 - TRENTO
- Auditorium S. Chiara
22 - PADOVA
- Palasport San Lazzaro
24 - TORINO
- Teatro Alfieri
26 - GENOVA
- Teatro Carlo Felice
30 - CAMPOBASSO
- Teatro Ariston
aprile
01
- PALERMO
- Teatro
Golden
02 - CATANIA
- Teatro
Metropolitan
03 - CATANZARO
- Teatro Politeama
05 - BARI
- Teatro Team
06 - BARLETTA (BA)
- Teatro Curci
07 - NAPOLI
- Teatro Augusteo
11 - PERUGIA
- Teatro Turreno
12 - FIRENZE
- Saschall
16 - MILANO
- Teatro Smeraldo
17 - MILANO
- Teatro Smeraldo
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LA SCALETTA
Primo tempo
Intro jazz: "The song is you" (Jerome Kern)
Lampo
Lusitania
L'amante
Contemporaneo
Il bacio sulla bocca
Pane e coraggio
Confessione di Alonso Chisciano
La pianta del te'
La pioggia di Marzo
Secondo tempo
Intro jazz: "Line for lion" (Jerry Mulligan)
La bellezza stravagante
La Madonna nera
Treno di ferro
La bottega di filosofia
C'e' tempo
La musica che gira intorno
Una notte in Italia
I treni a vapore
Bis
Notturno delle tre
Italiani d'Argentina
Albertina
Lindbergh
Secondo Bis
Mio fratello che guardi il mondo
Sigonella
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IVANO
FOSSATI in concerto
un tour improntato anzitutto all’impatto,
alla «leggerezza pensante»
Di Andrea Scanzi
A poco più di un mese dalla sua uscita, Lampo
viaggiatore, oltre a finire subito ai primi posti della classifica (con
Gaber, Ben Harper e i Massive Attack: ogni tanto una bella notizia), è stato già ritenuto dalla critica «il disco dell’anno». Non è un caso
e neanche un’esagerazione: è così
e basta.
Quando un disco ti emoziona dall’inizio alla fine, senza soluzione di
discontinuità, e contiene un brano che diventa un classico d’inusitata
bellezza già dal primo ascolto (C’è tempo), l’opera in questione si rivela essere
nient’altro che splendida. Per l’atmosfera, per le parole: per il suo essere
in controtempo col tempo. Lampo
viaggiatore è, come ha più volte ricordato l’autore, un disco
volutamente immediato, senza sovrastrutture o giochi enigmistici. Il modello, se
c’è, è Randy Newman (al quale,
peraltro, era dedicato il disco dell’84, Le
città di frontiera, altro lavoro felicemente “leggero”).
Dal vivo, questa ritrovata capacità di scrivere «semplici canzoni» si esplicita, da un lato, nel totale rinnovamento
della band (l’unico rimasto è il figlio Claudio, alla batteria);
dall’altro, con una scaletta coraggiosamente rinnovata, priva dopo molti anni
di brani quasi intoccabili e certo bellissimi, ma, a detta dell’autore, «forse
un po’ usurati dal tempo» (o, più ancora, «troppo intimisti per il mio
presente»). Per questo, non c’è spazio per Carte
da decifrare, La costruzione di un
amore, L’uomo coi capelli da ragazzo, Questi posti davanti al mare, La volpe.
Neppure per Panama, Discanto.
Al contrario, a fianco dei sette brani riproposti da Lampo viaggiatore (le tre tracce escluse sono Io sono un uomo libero, Cartolina ed Ombre e luce, trasposizione in musica dell’alleniano La
rosa purpurea del Cairo), vengono recuperate dal passato, «con un vestito
tutto nuovo», canzoni meno note, a forte (e colpevole) rischio di dimenticanza.
Tra queste, a suggellare l’acme del concerto, tre estratti da Discanto,
l’opera del ’90: Lusitania, Confessioni di Alonso Chisciano (eseguita in
precedenza dal vivo una sola volta, al Tenco) e Albertina.
L’alto livello è confermato da due inattesi (e ispirati) recuperi da Lindbergh,
Notturno delle tre e La
Madonna nera.
La voglia di rileggere brani lontani, del resto, è tipica di Fossati: nel tour
del ’92 (fotografato da due cd, Buontempo
e Carte da decifrare), c’era stata
la “rinascita” di J’adore Venise,
Vola, Naviganti, E di nuovo cambio casa e Amore
degli occhi. E, in quello del ’96, avevano rifatto capolino una
travolgente Ventilazione.
La sua rinata voglia di apparire “solo” interprete
di se stesso, Fossati la esplicita anche abbandonando spesso il pianoforte
(l’unico strumento da lui suonato nel concerto), per cantare, in piedi, quasi
recitando da un leggio centrale, alcune canzoni particolari. Accade con Il
bacio sulla bocca e C’è
tempo, salutata sempre da un applauso che sa di tributo. Fossati non
concede nulla all’improvvisazione. Sul palco è tutto pensato, meditato,
provato. Anche le letture da Casanova
o le introduzioni in prosa, disseminate qua e là. Questo, per qualcuno, potrà
sembrare freddezza. Altri, ci vedranno il perfezionismo di sempre.
Anche in questa tournée, Fossati dimostra di avere particolarmente a cuore il
tema dei «viaggianti loro malgrado», degli emigranti. Un tema trattato senza
approccio politico, piuttosto emotivo: così, accanto alla nuova Pane
e coraggio, tornano Italiani
d’Argentina (quarto estratto da Discanto)
e Mio
fratello che guardi dal mondo.
L’amore per il jazz è palesato dalle due ouverture eseguite dal gruppo, The
song is you (di Jerome Kern) e Line
for Lion (di Gerry Mulligan). Da Macramè
e La disciplina della terra, vengono ripescate L’amante e Treno
di ferro.
Non possono mancare, neanche a volerlo, Una
notte in Italia, I treni a vapore,
La musica che gira intorno, La pianta del tè, Lindbergh.
Alla fine, è tutto un applauso, bis obbligati, lui che si stupisce, i musicisti
che ringraziano.
E i teatri che, finalmente, tornano a venire giù.
«Sul tema della pace parlano le canzoni»
IVANO FOSSATI all’Ariston di Campobasso
Mancava dal 1971. A Campobasso, allora, cantò da giovanissimo leader dei Delirium.
Al teatro Ariston – che ha ospitato pochi giorni fa un altro grande genovese,
Beppe Grillo – il cantautore ha presentato le canzoni del nuovo album, “Lampo
viaggiatore”, e una nuova sfaccettatura della sua personalità. È
stato sorprendente, infatti, vederlo in movimento sul palcoscenico, sentirlo
ironico ed affabile nel presentare le canzoni, sorridente e sereno come chi
sente di aver raggiunto, senza invecchiare, una certa maturità.
Chi si aspettava dichiarazioni da intellettuale impegnato sulla drammatica
attualità è rimasto deluso. Sui temi del momento Fossati ha già molto
in repertorio: piccoli capolavori da cantare e frammenti di pensiero sparsi
persino nei brani d’amore. Così, è bastata “Sigonella” per
far tremare i cuori degli spettatori nello stesso modo in cui gli aerei da
guerra fanno tremare i vetri e “le parole della mia povera calligrafia”.
Poi il tema dell’immigrazione e dell’emigrazione, dell’umanità costretta
a viaggiare, spinta non dall’ansia di infinito, come “Lindbergh”,
ma dalla situazione economica del pianeta. Tutto esplicitato in una trilogia di
forte adesione umana e di sconvolgente bellezza estetica: “Italiani
d’Argentina”, “Mio fratello che guardi il mondo”, “Pane e coraggio”.
Spettacolo diviso in due tempi. Suonato da musicisti puntuali ed efficaci, di
passione non ostentata, capaci di precisione musicale e non di freddo
virtuosismo: Franco Testa al basso, Fabrizio Barale e Riccardo
Galardini alle chitarre, Claudio Fossati alla batteria, Mirko
Guerrini ai fiati, Pietro Cantarelli alle tastiere.
Più di due ore di grandi emozioni, suscitate da questo cantautore che sembra un
fotografo, un artista capace di trovare la poesia in ogni immagine del mondo, in
ogni oggetto illuminato dall’anima, in ogni piccolo respiro di umanità.
Giovanni Petta (da «IL TEMPO» del 2 aprile 2003)
IVANO FOSSATI 24 marzo Teatro Alfieri (Torino)
Concerto intenso, vero, interpretato e suonato con mano di chi sui tasti mescola
un'espressione poetica tra le più alte rintracciabili oggi nella nostra
letteratura.
L'esecuzione alterna brani dall'ultimo album 'Lampo Viaggiatore'
(peraltro un prodotto forse più "raggiungibile" ma sicuramente di
altissimo livello) a canzoni che ripercorrono da diverse distanze una carriera
ricca di ricerche tematiche e sonore.
Fossati coinvolge il pubblico non solo con le canzoni ma arricchendo lo
spettacolo con spunti comunicativi e descrittivi che permettono anche
all'ascoltatore più acerbo di addentrarsi nel suo complesso mondo d'immagini.
I musicisti sostengono l'opera con professionalità e ottima capacità
interpretativa, bravi!
Un concerto da non perdere o meglio... un arricchimento da non perdere.
Paolo (da musicadalvivo.it)
IL SORRISO DI IVANO
Genova, Teatro Carlo Felice (26 marzo 2003)
di Giovanni Villani da www.mentelocale.it
Hai voglia a dire “ma l’acustica è migliore in quarta fila…, ma non vedi
le dita del pianista…”: se si è in prima fila (centrale) si può leggere
negli occhi, in ogni rughina, in ogni movimento, si può entrare nel corpo e
nell’anima dell’artista.
E se il personaggio in questione è Ivano Fossati - in concerto al Carlo Felice mercoledì
26 marzo- il tutto diventa straordinario.
Lo aspettavamo dal 2000, tour teatrale (il 14 aprile, sempre nel tempio della
musica ligure) e all’aperto (campo sportivo di Varazze il 25 agosto). A dire
il vero, in mezzo c’è stato il festeggiamento del suo 50° compleanno.
Organizzato in grande stile, sempre al Carlo Felice, dai Buonavoglia il 2
febbraio 2002, con un ritardo determinato dal dramma dell’11 settembre, e un
“parterre de roi” ad accoglierlo, da Dori Ghezzi ad Antonio Ricci, da Gad
Lerner a Fabio Fazio, e un finale alla grandissima, con un impareggiabile e
imprevisto “solo” - pianoforte e voce.
Dopo la pubblicazione di un disco “senza canzoni”, intitolato coerentemente Not
one word, una prova di grande musica in bilico tra jazz, classica e
popolare, lo scorso febbraio esce Lampo Viaggiatore, cui segue ora
il tour.
Teatro stracolmo, i posti in piedi venduti un quarto d’ora prima
dell’inizio. Fortunatamente pochi vip in evidenza, presenze importanti e
riservate: Luvi De Andrè, il nuovo sovrintendente Gennaro Di Benedetto.
Ivano è sereno, rilassato, non si nasconde più dietro al pianoforte, a volte
vera e propria “coperta di Linus”. E sorride, sorride spesso, aperto,
schietto, contento.
Superate certe forti emozioni del passato, fors’anche dubbi, ha raggiunto la
maturità espressiva. Dimostra anche la sua capacità di essere autoironico,
specie quando presenta due canzoni d’amore dal finale diverso:
“l’antica” La Madonna nera (“ma si può scrivere una canzone così…”)
e la nuova e tenerissima Il bacio sulla bocca (“una canzone d’amore
con lieto fine, una novità assoluta…”) e in entrambi i casi vien giù il
teatro.
Lo suona sempre, il suo strumento, Ivano, e con la consueta maestria e grande
intensità, ma lo lascia spesso a Pietro Cantarelli (ottima prova, anche
nella nuova veste di direttore musicale) e si muove per il palco. Si vede che
ora gli piace cantare e soprattutto interpretare peculiarmente ogni singolo
brano. Canta molto e parla poco.
Forse qualcuno si sarebbe aspettato qualche commento sulla difficile situazione
internazionale. Sarebbe troppo scontato, per l’artista vero parlano i suoi
testi, la maniera di porgerli al suo pubblico.
La scaletta presenta naturalmente parecchie canzoni dall’ultimo album, ma
pesca anche molto nel passato (soprattutto da Discanto, 1990 e da Lindbergh,
1992). Tuttavia, i due tempi sono aperti da classici standard jazz - il primo da
The song is You di Jerome Kern, il secondo da Line for lion di
Jerry Mulligan.
Il gruppo che lo accompagna è sempre all’altezza e ben equilibrato (accanto a
Fabrizio Barale, chitarre e al figlio Claudio, batteria, gli
ottimi Riccardo Galardini, chitarre, Mirko Guerrini, fiati e Franco
Testa, basso).
Le canzoni scivolano con una rinnovata semplicità, il suono è lieve, magico,
arioso e, nel contempo, compatto. C’è meno voglia di ricercatezze a tutti i
costi, è ridotto lo spazio per assolo strumentali ad interrompere il fluire dei
pezzi. Il pubblico approva e si fa trasportare nel consueto viaggio
spazio-temporale di Fossati, e lo applaude convinto.
Così Pane e coraggio, Mio fratello che guardi il mondo e Sigonella
(a conclusione, dopo due serie di bis e due ore e un quarto di concerto)
ripropongono criticamente i temi sociali e politici d’attualità. E si porta
gli spettatori in volo tra Genova (un angolino per una citazione qua e là c’è
sempre nei suoi testi) e il mondo -Una notte in Italia, Italiani
d’Argentina e Lindbergh (con un’interpretazione da brividi).
È la conferma live di una svolta già annunciata da Lampo viaggiatore,
le cui canzoni (parole e musica) vanno dirette al cuore. Struggente
l’interpretazione di C’è tempo, divertita e ironica quella
dell’hit La bottega di filosofia, scritta partendo da Un mondo in
mi7.
Si sente che sono nate guardando più “ai juke box sulle spiagge d’estate…
che al ponderoso concetto della canzone d’autore”.
Alla fine il pubblico si accalca sotto il palco, non si accontenta dei due
rientri in scena e dei cinque bis, lo chiama a gran voce, lo rivuole, lì
davanti, per un ultimo abbraccio.
Eccolo Ivano propheta in patria, torna da solo a prendersi tutto
l’affetto dei genovesi, ringrazia, stringe decine di mani.
Allora gli grido “sei tu Genova nel mondo”. E questa volta penso di aver
proprio ragione.
Ivano inclina appena il capo e sorride.