I Suoni delle Dolomiti
Passo di Lavazè, 2 luglio 2006


Un pianoforte a coda nero in mezzo a un campo di fiori. Di dietro il bosco e ancora dietro le cime delle montagne abbaglianti delle ultime tracce di neve. L'accordatore se ne è appena andato, è stato tolto il gazebo che riparava il pianoforte. Sui tasti sono rimasti tre fiorellini gialli messi lì da una fan con l'animo gentile. Potrebbe sembrare una cartolina, invece è l'immagine che si sono trovate davanti le quasi tremila persone (impossibile contarle!) che ieri hanno raggiunto il Passo Lavazè per ascoltare Ivano Fossati e amici, nel secondo appuntamento de I Suoni delle Dolomiti. Anche Fossati, quando poco prima delle due ha raggiunto il suo pianoforte con una jeep dei pompieri, era letteralmente senza fiato. Sull'anfiteatro naturale intorno al suo pianoforte (...) c'erano migliaia di persone ad ascoltarlo in religioso silenzio. E in religioso silenzio si è svolto tutto il suo concerto, rotto solo dalle chiacchierate divertenti e divertite che lui come sempre fa con il suo pubblico, tra una canzone e l'altra.
«Questa bellezza sarebbe da celebrare solo con il silenzio» ha detto appena raggiunto il microfono, «ma per questa volta trasgrediamo. Dovrei cominciare con "C'è un grande prato verde..." ma mi sembra un inizio un po' fuorviante». Quando il silenzio si incendia dall'intro al pianoforte di Lindbergh, la magia si è concretizzata, come sempre accade in questa rassegna che mette insieme le cose più magiche di questa terra: la natura e la musica. Le note del pianoforte sembrano salire come cristalli lucenti nell'aria tersa, entrare nel buio dei boschi, poi librarsi leggere su quelle cime innevate. E soprattutto sotto la pelle accaldata degli spettatori, fino a farli fremere di commozione. Lui, Fossati, sembra divertirsi come un matto. E' tranquillo, rilassato, a suo agio così vicino al suo pubblico, al sole lui come loro (tutti siamo certi che ha fatto togliere il gazebo per non sembrare diverso da tutti gli altri).
E' particolarmente loquace e divertente e pare voler dilatare questo concerto all'infinito. Inanella canzoni su canzoni, parole dolcissime su  parole tristissime, suoni su colori e bagliori. I treni a vapore, L'uomo con i capelli da ragazzo, Vola, Mio fratello che guardi il mondo. Le prime le suona lui col pianoforte, poi entrano i fiati di Mirko Guerrini e le percussioni di Marco Fedda. Per un paio di pezzi Pietro Cantarelli lo sostituisce, e bene, al pianoforte. Il sole non molla, ma nemmeno lui: si mette il suo solito cappellino nero e non si toglie la felpa. E va avanti con una scaletta costruita apposta per questo concerto. «Mentre salivo in macchina fino qui mi venivano in mente tutte le canzoni che avrei potuto cantare in un posto come questo» ci dice dopo il concerto. Buontempo è decisamente adatta alla situazione, un po' meno lo è Una notte in Italia, ma lui fa chiudere gli occhi a tutti. Qualcuno li chiude anche quando da solo al pianoforte suona il tema dal film "Il toro", qualcuno freme quando un piccolo strumento a fiato armeno accompagna La pianta del tè, gli innamorati si sciolgono, e questa volta non per il caldo, quando canta L'amore fa. Ma tutti indistintamente tremano e fremono sul pezzo che chiude il concerto, Il Disertore: tutti in piedi, lui in mezzo a tutti, senza strumenti, migliaia di voci che si fondono a cantare "...E dica pure ai suoi / se vengono a cercarmi / che possono spararmi / io armi non ne ho".
Quando il concerto finisce è emozionato anche lui. «E' stata un'emozione grandissima. E' bellissimo essere così in mezzo alla gente, averla così vicina. Non mi sono neanche accorto del caldo!» e rivolto agli organizzatori dei Suoni: «Non cambiate mai...».

Daniela Mimmi
(da Trentino, 3 luglio 2006)

 

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