Mtv - Storytellers
Conservatorio Giuseppe Verdi
Torino, 16 maggio 2006
Luci accese (le riprese video lo richiedono), palco semi spoglio (pochi
strumenti, soprattutto acustici), due poltrone un po' in disparte (come da
tradizione del programma). Entra Fossati, seguito dai suoi musicisti, e
l'applauso e' subito molto caloroso. Si siede sullo sgabello - dove resterà
"appoggiato" per quasi tutte le canzoni - imbraccia la sua
semi-acustica e attacca "Pane e coraggio", in un arrangiamento
spoglio ma sempre reggaeggiante.
Con lui, in formazione ridotta: Pietro Cantarelli (tastiere, pianoforte e
fisarmonica), Daniele Mencarelli (contrabbasso e basso) e il sorprendente
Marco Fadda (percussioni).
Alternera' per tutta la sera le canzoni alle parole, queste ultime sollecitate
dalle domande di Paola Maugeri e scambiate nel piccolo salotto
"minimal" ricavato all'angolo del palco. Si capisce subito che la
conduttrice ha letto da poco il librone di Andrea Scanzi ("Il
volatore"), da cui attinge a piene mani aneddoti e spunti.
Ivano appare rilassato e tranquillo piu' che mai, particolarmente a suo
agio, divertito e divertente anche nelle chiacchiere, nei racconti, nelle
riflessioni. Il secondo pezzo e' "L'amore fa", abbastanza
fedele alla versione su disco, seguito da una quasi-acustica "L'Arcangelo".
Molto toccante poi l'esecuzione di "Denny".
Ospite speciale della serata lo scrittore Marco Lodoli, simpaticissimo
nella sua personale argomentazione sul perche' le canzoni di Fossati
colpiscano cosi' tanto: quel velo di "malinconia positiva", in cui
ogni tanto ci piace farci trasportare. E poi si scherza sui personaggi e sui
loro viaggi dal destino sempre incerto, a bordo di mezzi di trasporto che, nelle
canzoni di Fossati, non sai mai se riusciranno ad arrivare a
destinazione.
Arriva poi il momento in cui Fossati si siede al pianoforte e, da solo,
spara di seguito le coinvolgenti "Lindbergh" e "Vola".
E i suoi piccoli assoli, giri e giochi al pianoforte fanno davvero volare: il
pubblico e' rapito, attento, silenzioso, totalmente coinvolto.
L'intervista va avanti e, seguendo il consolidato copione di
"Storytellers", si cerca di capire come nasca una canzone, per
scoprire che a casa Fossati un metodo vero e proprio non c'e': a volte e'
una musica su cui andranno a inserirsi le parole, altre volte e' un'idea che
stimola la costruzione di un brano. Spesso e' lavoro artigianale, raramente sono
rapide e felici intuizioni.
Seguiranno poi un'asciutta e sempre applauditissima "Mio fratello che
guardi il mondo" e un nuovo azzeccato arrangiamento di "Panama".
Ancora chiacchiere e aneddoti sull'infanzia, i primi approcci alla musica (la
passione per le colonne sonore dei film), i primi strumenti suonati e comprati
(il flauto e le sudate chitarre, solo parecchi anni dopo il pianoforte), le
prime canzoni scritte per sé e per altri (soprattutto per interpreti femminili:
con semplicità e senza falsa modestia Fossati ammette di avere il talento di
per ascoltare le donne), il suo breve ruolo di produttore, il sentirsi musicista
prima che cantautore.
Finale con l'imprescindibile "Una notte in Italia", che fa
esplodere il Conservatorio: dovra' per forza tornare sul palco. Questa volta, da
solo con la chitarra, salutera' il suo pubblico con quel piccolo gioiello di
"Buona notte dolce notte", ripescato dal passato, e, a
chiudere, "Il disertore".
Dodo
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