Macramè - Le Recensioni
Da ROCKSTAR n.7 Luglio 1996:
Ivano Fossati - Macramè
Quasi 45 anni, 25 di carriera, Ivano Fossati ha alternato l'attività di artista
con quella di autore e di produttore. A tre anni circa dai due album live che
costituiscono ancora oggi la fresca memoria del passato, ecco Macramè. Colpisce al cuore
e al cervello la raffinatezza espressiva di questo disco. L'inizio, "La vita
segreta", ha un suono interrogativo: brilla l'economia e la chiarezza dell'impianto
sonoro, ma soprattutto sfavilla il testo, fatto di brevissime frasi istintive,
lapalissiane, che nascondono concetti complessi, quasi filosofici. "Il canto dei
mestieri" si colloca tra "Panama" e "La canzone popolare". Spunta
la malinconia, una sorta di dolore da queste note: melodie discendenti, che da sempre
caratterizzano lo stile ligure-franco-americano di Fossati, al limite della noia. E' un
rischio e Fossati se lo prende tutto. E' veramente una questione di stile. E' meraviglioso
lasciar dilatare questi suoni nel bel mezzo di un prato accarezzzato dalla luce del sole,
mentre tutto intorno la vita scorre. La ricerca sta anche negli ambienti: le percussioni
de "L'angelo e la pazienza" per esempio arrivano da dietro, per puntare poi
dritto sul Sudamerica, con un organetto (Riccardo Tesi) che sa di tango. Canzone d'autore
(si chiama ancora così?), che in sé trattiene parti d'intimità ed è capace di produrre
gioia in persone sufficientemente colte ed avvisate da godere appieno di certe finezze.
Per capire come ci si può lasciare andare al racconto, all'invenzione, si può ascoltare
"Labile", il brano più bello in assoluto. Basta poco per creare un piccolo
capolavoro: un contrabbasso elettrico, un pianoforte, la voce, un testo come quello di
"Bella speranza"; oppure percussioni, tastiere, una chitarra classica in
"L'orologio americano". Il ritmo prende tono in "Stella benigna", con
una ritmica simil-funk sulla quale Fossati ricava con un pianismo minimale, introspettivo.
Prima che l'incanto si rompa, giunge provvidenzialmente un finale strumentale, con piccole
schegge di TV satellite che s'insinuano nelle tenere trame di un gran bel disco. (voto
9/10)
Stefano Bonagura
Da BUSCADERO n.170 giugno 1996:
Ivano Fossati - Macramè
Dopo la splendida trilogia "La pianta del té", "Discanto",
"Lindbergh" ed i due straordinari dischi dal vivo "Buontempo" e
"Carte da decifrare", le aspettative verso la nuova produzione di Fossati erano
decisamente forti. Negli ultimi lavori Ivano era riuscito con mirabile maestria a portarci
nelle pampas argentine, sugli altipiani peruviani, oppure a volare sopra il mare della sua
Genova. Proprio come un Cristoforo Colombo contemporaneo è stato capace di regalarci,
attraverso le sue atmosfere ariose e inafferrabili e i suoi versi densi di paesaggi e
profumi del mondo, infinite mete mentali, di arricchirci gli spazi del cuore. "Con la
sua arte conosci persone, cose e odori senza mai averli visti o sentiti. E nulla toglie
alla tua vita reale attraversandola sempre di nuove esperienze". Mi aspettavo molto
da "Macramè" e non sono stato deluso. Mi ha stupito la capacità di Fossati di
rinnovarsi musicalmente, pur mantenendo la linea stilistica di fondo dei precedenti album.
Le canzoni, infatti, pur seguendo un filo logico rigoroso per quanto riguarda i testi,
risentono di influenze e stimoli musicali molto diversi: apre il lavoro "La vita
segreta", caratterizzata da un ritmo teso e drammatico, per sfociare, in un
incalzante crescendo, nel caos delle incursioni jazzate dal sax di Mario Arcari. I brani
si susseguono alternando immagini dai toni grotteschi e tragici evocate attraverso
ritmiche ossessive a superbi bozzetti, a mezz'aria fra l'immaginario e il reale, dalle
sonorità più distese come "L'angelo e la pazienza" e "L'orologio
americano", una delle perle del disco, attraversati con "L'abito della
sposa" e "Bella speranza" da momenti di altissima drammaticità. I suoi
versi così pregnanti, quansi teatrali, ne sono l'esempio più evidente: "Quando
anche l'ultimo soldato ebbe fatto scorta di lei in quel freddo carnale si sentì ancora
bella con il suo profumo volgare", oppure "Amore che t'avevo caricato nel mio
sangue", e ancora "L'anima é un registratore che specie di notte non dà
tregua, ferire e incassare" ci annichiliscono per la loro potenza espressiva. In
Fossati esiste il desiderio o meglio la necessità di scardinare il velo protettivo che
frena e contiene la verità dei sentimenti. La sua forza stà nel regalarci immagini e
suoni mantenendone l'intensità originaria, la sua caratteristica fondamentale si
identifica nella capacità di produrre attraverso la sua arte le folgorazioni che
elettrizzano la sua emotività e di riproporcelo così come lui la sente, in maniera
viscerale, quasi violenta. Le canzoni si snocciolano intense e cariche di tensione
attraversando i panorami inquietanti di "La vita segreta" e "La scala dei
santi", per giungere a momenti di commovente delicatezza come ad esempio "Il
canto dei mestieri", arricchito nel finale dalla comparsa di un flauto a
sottolinearne la melodia, passando attraverso le versioni apocalittiche di
"Labile", piuttosto che le suggestioni de "L'amante". Le influenze
sono innumerevoli: l'utilizzo dei flauti e dell'organo mostrano richiami folk-etnici, a
tratti vagamente orientaleggianti, mentre il sax di Arcari si intrufola in alcuni brani
colorandoli con brevi accenni di free jazz. Un disco sicuramente vario quindi,
poeticamente più ermetico e complesso delle precedenti opere, ma certamente ricco di
spunti musicali felici, anche se talvolta l'uso delle tastiere e degli effetti rende il
suono forse volutamente non troppo naturale. Al di là di questo piccolo appunto
"Macramè" é un lavoro di grande impatto, prodotto e arrangiato con grande
cura, oltre ad essere, e questo è quello che più conta, un grande aiuto a proseguire il
lungo viaggio verso gli strati più reconditi delle nostre emozioni.
Francesco Pallone
Da RARO! n.67 giugno 1996:
Ivano Fossati - Macramè
Le composizioni di Fossati diventano, con gli anni, sempre più essenziali. I
testi hanno l'essenzialità della poesia, la parte musicale é essenziale nella struttura
armonica - spesso scarna - come nello sviluppo melodico. Sebbene la partecipazione di
musicisti di grande forza e personalità possano aver avuto in questo la loro parte, la
semplicità è propria di Fossati, pur convivendo con la complessità del suo pensiero
(non solo musicale). Ci sono, da anni, elementi ricorrenti nei suoi testi: tra questi
Genova e la guerra. Sono poche le canzoni in cui non compaia la parola
"soldato": la condizione di chi è costretto a combattere è descritta con
lucidità, già da "Lindberg". Fossati è tra i pochi che non scordano che in
qualche parte del mondo c'è sempre la guerra, e si oppone da artista a questa presenza
devastatrice. I suoi legami con la musica popolare planetaria si fanno ogni giorno più
forti, fino ad arrivare, con questo "Macramé", ad una vera, efficace
mescolanza. Se fosse possibile fare una scelta dei migliori brani, "L'abito della
sposa" potrebbe essere tra questi, insieme a "Stella benigna", alla forza
del ritmo di "La vita segreta", "Bella speranza", "L'angelo e la
pazienza"... Bisogna ascoltare, ascoltare molte volte per superare l'impatto con una
tristezza dolce e inevitabile e capire se c'è, dietro questa, speranza.
Susanna Buffa
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