Musica moderna - rassegna stampa


Intervista di Andrea Scanzi


Il viaggio nel tempo della musica che parla 
di Katia Riccardi

Sulla copertina del nuovo album c'è un'auto anni Cinquanta, si intravede tagliata a metà e appoggiata su un pianeta rosso non identificato. Un'auto del futuro. Ma di un futuro visto e immaginato dal punto di vista del passato. Il futuro che non esiste, modernariato. "Musica Moderna vuol dire proprio questo. Non c'è alcuna modernità in quello che musicalmente stiamo vivendo oggi. Il futuro è ancora solo un'idea, non si è mai raggiunto e tutto gira ancora intorno a cose già viste, passate, ancora non vecchie. Come in un film di fantascienza degli anni Cinquanta" spiega Ivano Fossati a proposito del suo ultimo lavoro, intitolato, appunto, Musica Moderna. Nel suo tono non c'è provocazione. Ha occhi gentili e un tono pacato, generoso. Fossati non vuole dare giudizi così, dopo una pausa, aggiunge sorridendo: "E non è detto che sia un male"

Resta il sospetto che però lo sia. Non tanto l'essere ancora musicalmente fermi al passato, quanto più non averne coscienza. Né memoria. Ma questa è la maestria del musicista che abbiamo davanti, seduto su una poltrona, dentro la stanza di un elegante albergo, piena di quadri antichi, di oggetti del passato. Fossati è in grado di accendere sospetti, di innescare riflessioni, di esortare con grazia alla ricerca e all'ascolto. La sua è la rara capacità di incuriosire. L'ha sempre fatto, dal 1971 fino ad oggi attraverso una trentina di lavori, tra album e collaborazioni, e ha regalato parole e note in una costante ricerca, intellettuale oltre che musicale.

Le undici canzoni di Musica Moderna sono un viaggio attraverso suoni diversi, che si inseguono senza una continuità melodica definita. Il ritmo ondeggia dando il cambio a chitarre elettriche e organetti, a pianoforti, tamburi, flauti e cornamuse, tra tanghi, ballate, echi rock. "Io ho sempre voluto fare il musicista. Giocare con la musica, imparare a farlo. Volevo farlo e l'ho fatto. I testi sono venuti dopo" continua a raccontare. "Mi sorprende l'attenzione che qui da noi si mette sulle parole. Che sono importanti ma non sono che il cinquanta per cento di un brano. La musica parla. Cambia l'atmosfera e modifica il senso delle parole stesse. Non c'è una cosa senza l'altra e in questo disco credo di metterlo in evidenza, nel brano 'D'amore non parliamo più' per esempio, la musica è protagonista, sovrasta le parole". Poi sorride, ricorda i Beatles. "E pensare che quando sono usciti, le parole delle loro canzoni non le capivamo proprio. Eppure li cantavamo, li amavamo, amavamo la loro musica". Succede. Ma è un'assoluzione concessa troppo spesso solo agli stranieri. Non a un maestro dal quale si aspettano ogni volta, a ogni disco, parole oltre che musica. 

Alla nuova band che lo accompagna (Pietro Cantarelli, Claudio Fossati, Fabrizio Barale, Riccardo Gelardini), Fossati ha richiamato vecchi collaboratori come Riccardi Tesi all'organetto diatonico, Vincenzo Zitello alla cornamusa e ai flauti e Guido Guglielmetti al basso elettrico. Vecchi amici per riportare alla festa suoni antichi. Storie e memoria. Venite qui gente che sapete cantare a memoria, poco per poco vi basterà, poi giorno per giorno passerà, dice in 'Cantare a memoria' uno dei brani dell'album. Sono senza memoria, sono senza vergogna, sono senza rigore incalza ne 'Il paese dei testimoni'. "Si dice che il nostro cervello abbia una capacità limitata di apprendere, che sia uno spazio finito" aggiunge. "Si dice che perda pezzi continuamente. Ricordare è un'attività faticosa. Farlo significa sforzarsi. Quello che però succede oggi forse è che non si tenta neanche più di provarci a farlo, quello sforzo. E le informazioni ci vengono lanciate addosso come se non avessero importanza. Cose da prendere e buttare via".

Con la voglia palpabile di restare lontano dal circo mediatico più famelico, di sedere nell'ombra a scrivere e cantare, Fossati descrive un mondo troppo veloce, popolato da esseri affrettati e persi dietro un'idea di futuro che rischia di diventare pericolosamente insipido, stupidamente autocentrato, "spazzatura". Parla di tv, gossip e processi mediatici ('Il paese dei testimoni'), così come del problema dell'acqua e dell'incetta delle risorse idriche da parte delle multinazionali ('La guerra dell'acqua'). Racconta sogni occidentali fatti dall'est, da lontano, dove il mondo è ancora immerso nel passato ('Last minute'). E parla d'amore. Dell'amore appena nato, emozionante, con tumulti allo stomaco ('Miss America'), fino all'amore acquisito, celebrato e trascurato ('D'amore non parliamo più') a a quello dichiarato e romantico ('Musica moderna'). 

Fossati si confessa, sussurra, racconta. Soprattutto suona e si diverte a farlo. A fare in modo che la musica esca pulita e potente, tangibile. "Sono ancora curioso e stimolato da quello che mi circonda. A volte sono stanco. La stanchezza mi assale a periodi. Toglie le forze. Poi passa, va via, senza una vera ragione. Forse prima per me era più facile ricaricarmi. Ora ci metto più tempo. Ma in qualche modo sono fiducioso, continuo a credere che si troverà un modo per andare avanti, musicalmente e non solo, verso un nuovo orizzonte. Ho ancora fiducia che si ricominci a cercarlo". Che ci sia il rimedio, così come s'intitola il primo singolo e il brano che apre Musica Moderna.

Ivano Fossati porterà le sue canzoni in diversi teatri d'Italia, a partire dal 3 novembre a Verona (Teatro Filarmonico)per finire il 15 a Firenze (Teatro Verdi), passando per Milano (4), Bologna (6), Civitanova Marche (7), Massa (9), Roma (10), Torino (12) e Vercelli (13). Passerà raccontando le sue storie e suonando la sua musica. Per continuare a viaggiare nel tempo, verso il futuro.
(Katia Riccardi da La Repubblica 10/10/08)

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